venerdì 3 gennaio 2014

Rapunzel, l'intreccio della torre




"Rapunzel", altro capolavoro della Disney e degli stessi autori di "Frozen", è la storia di una principessa rapita da una vecchia che usa il potere dei suoi magici capelli per mantenersi giovane nel tempo. L'unica condizione perchè questo prodigio si ripeta è che i capelli non vengano mai tagliati perciò questi diventano lunghi decine e decine di metri. E' sufficiente cantare una canzone e i capelli risplendono con la possibilità di guarire ferite incurabili e far tornare giovani.

In questa fiaba bellissima, praticamente un musical animato, viene scandagliato il rapporto patologico madre-figlia ovvero l'illusione di poter mantenere una madre immortale a scapito però della propria vita. Mi vengono in mente tutte le patologie del comportamento alimentare in cui una figlia sacrifica il proprio corpo in nome di un attaccamento morboso alla figura materna che però non è "madre" nel senso che non offre alla figlia il nutrimento spirituale di cui essa necessita, condannandola a un'infanzia infinita. Il risvolto è un iperinvestimento oggettivo su una parte del corpo (i capelli lunghissimi) che diventa smisurata per segnalare all'esterno tale anomalia (vedi il corpo nell'anoressia). E questa parte del corpo è tutto ciò che la figlia ha, rappresenta l'unico valore per lei e per la madre, così come la fatica di un rapporto tra due entità che non hanno ancora trovato la loro autonomia (la matrigna utilizza i capelli per salire e scendere dalla torre). Infatti Rapunzel non può uscire dalla torre, è segregata viva, come nella patologia mentale le ragazze e in minima percentuale anche i ragazzi che spesso si isolano dalla realtà sociale.
Ma poi un fatto viene a modificare questo "equilibrio": il giovane Flynn Raider alias Eugene è un ladro che ha appena rubato la corona della "principessa perduta" e per sfuggire alle guardie reali si nasconde proprio nella torre di Rapunzel. Ovviamente lei non sa che quella corona le appartiene ma riesce a convincere il giovane a portarla con sè verso il regno per poter vedere da vicino le lanterne che ogni anno il re e la regina lanciano in cielo con la speranza che lei ritorni.
La corona perduta simboleggia la vera identità della principessa, un'identità che preme per essere riconosciuta e assunta con la maggiore età. Ciò può avvenire solo a patto di volersi mettere in gioco, assumersi dei rischi per sganciarsi dall'autorità della matrigna che non vorrebbe mai farla uscire; il costo per questa decisione sono i sensi di colpa, l'angoscia per aver abbandonato la madre sofferente contro il desiderio di vivere la propria vita al di fuori della sua autorità. Si tratta di un cammino verso l'indipendenza emotiva che può avvenire solo a patto di non condividere più tutto il proprio mondo interiore con questa madre: infatti Rapunzel non le rivela che un ragazzo è entrato nella torre e va via con lui senza che la madre lo sappia. Così è per chi vive un rapporto simbiotico con la propria madre: inizialmente celerà ad essa le proprie conquiste e imparerà ad "avere dei segreti", ovvero un mondo emotivo distinto, soltanto suo. Dopo essersi messa alla prova in numerose avventure, Rapunzel capisce che la vita fuori dalla torre non è difficile e pericolosa e che lei è in grado di cavarsela, contrariamente a quanto la matrigna le aveva fatto credere. Rapunzel vive poi la delusione amorosa anche se questa è stata orchestrata dalla matrigna per farla ritornare con lei. Alla fine la principessa, per intuizione, arriva alla verità e si ribella alla strega. Questa, per rivalsa, accoltella il giovane che era venuto a prenderla. A questo punto lui compie il gesto che la libera per sempre dal legame malato: le taglia i capelli. Infatti la ragazza ora non ha più bisogno di essi per riconoscere il proprio valore in quanto adesso sa chi è e qual è il suo posto nel regno. Così pure quando una ragazza anoressica scopre il proprio valore non ha più bisogno di cercarlo dentro uno specchio che le rimanda un'immagine distorta, deformata dalla propria sofferenza interiore. Ed ecco che la matrigna muore cadendo dalla torre (in quanto non in grado di accettare il naturale scorrere del tempo e la necessità di abbandonare le proprie smisurate ambizioni per lasciare spazio alla figlia) mentre il ragazzo viene salvato dalle lacrime di Rapunzel: la magia non è terminata, si è semplicemente spostata, è diventata "lacrima", espressione di sofferenza riconosciuta perciò sana, vitale (al contrario della patologia in cui la sofferenza non è riconosciuta affatto e le emozioni negative non sono tollerate così come la vecchiaia e le rughe non venivano accettate dalla matrigna).

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