giovedì 2 gennaio 2014

Frozen, il regno di ghiaccio - film animazione Disney

Avete visto al cinema il nuovo capolavoro della Disney, "Frozen"? E' la storia di due sorelle che abitano il freddo paese di Arendel. Elsa, la maggiore, possiede la facoltà magica di creare con il pensiero forme di neve e ghiaccio; da bambina se ne serve per giocare e con la sorella Anna costruisce Olaf, un pupazzo di neve ma ben presto scopre anche l'aspetto nefasto del proprio potere e da quel giorno ne diventa prigioniera; rischiando di uccidere la sorella con un suo getto ghiacciato, i genitori limitano i suoi contatti umani ed Elsa si ritrova a vivere un'infanzia rinchiusa nella propria stanza.

I significati psicoanalitici dentro questo film sono davvero tanti: innanzitutto il tema del "doppio", rappresentato dalle due sorelle assume a metà del film i tratti dello sdoppiamento di personalità, specialmente quando Elsa si ritira a vivere sulla montagna, rivelando la sua alienazione dalla socialità e dallo spirito vitale della sorella. La "porta chiusa" che Elsa oppone fra sè e la sorella minore rappresenta un eccesso di difese inconsce che serve a proteggere il soggetto dall'angoscia di distruzione.
La fuga di Elsa dal ricevimento reale il giorno della sua incoronazione  disegna molto bene la fase di evitamento dell'agorafobia mentre il timore del contatto si manifesta con la presenza ossessiva dei guanti per paura di "ghiacciare" le persone.
Il pupazzo Olaf, amante dei "caldi abbracci", creato dalle sorelle quando erano bambine è il mediatore che permette alle due parti separate di rimettersi in comunicazione reciproca, superando le paure e diffidenze (il "ghiaccio"): una funzione che in psicoanalisi potrebbe essere impersonata dall'analista.
Chi è infatti l'analista se non colui che credendo nella bontà di una parte sana, fa di tutto perchè questa si rimetta in contatto con la parte malata, abbassando le difese che non permettono alla persona di vivere in accordo con le proprie emozioni, bensì fuggendo da esse...?
La principessa Anna, l'"eroina", rappresenta la parte sana, coraggiosa che non ha timore della sorella, non vuole punirla ma la cerca per riportare il caldo nel regno, altrimenti condannato a un inverno eterno. In questo è aiutata da Kristoff, ragazzo dedito al commercio del ghiaccio che vede nel freddo e nel gelo la fonte della propria sussistenza; e qui entra in gioco l'importanza di vedere la positività degli aspetti della malattia mentale per l'individuo: il ghiaccio per alcuni è la vita, il "lavoro" anche se, prolungato oltre i limiti, può diventare morte, ossessione, nevrosi. Di fatto, questo avvicinamento delle due parti, sana e malata, inizialmente porta a un acutizzarsi della malattia. Paradossalmente Elsa "gela" il cuore di Anna, mettendola in serio pericolo di vita. E poi crea un enorme mostro di neve che serva a tenere lontana la sorella e il suo aiutante, il pupazzo che hanno creato. Parallelamente in analisi si osserva un accentuarsi dei sintomi con reazioni esagerate di rimozione, di rifiuto, di opposizione: le cosiddette "difese inonsce" che il paziente mette in atto perchè il processo comporta troppo dolore. Ma questo significa soltanto che è quella la direzione in cui si può lavorare (la cura è nascosta nella malattia, non fuori di essa).
Come si risolve questa situazione? Solo con l'amore con la "a" maiuscola. La strada è indicata dall'analista ma il percorso lo fa il paziente: infatti il pupazzo Olaf, mettendosi vicino al fuoco spiega ad Anna: "A volte vale la pena sciogliersi per qualcuno..." e si mette lui stesso in pericolo (l'analisi è un mestiere per persone davvero coraggiose e leali perchè occorre addentrarsi nel male oscuro dell'altro e indicargli la via verso la luce della guarigione). Allora qual è l'"atto di vero amore" che Anna deve compiere per salvare Elsa, per salvarsi? Da principio lei crede nell'amore di un principe, Hans, che lei senza nemmeno conoscere mette a capo del suo regno (come quando nella nostra confusione interiore ci affidiamo a qualsiasi persona che sembra in grado di condurre la nostra vita, rinunciando ad ogni responsabilità). In realtà Hans è un arrivista senza scrupoli a cui interessa soltanto governare e non è affatto innamorato di Anna. Vuole uccidere Elsa per porre fine all'inverno, dunque rappresenta il pericolo catastrofico della morte psichica, la rinuncia alla propria identità. Poi Anna si rende conto che il vero amore è Kristoff, colui che "ama il ghiaccio" e in questo modo si avvicina ancora un pò alla soluzione. Anche in psicoanalisi si procede per piccoli passi, la verità è un cammino lungo e faticoso, rappresentato nel film dalla tempesta di neve che Elsa scatena in risposta alle sollecitazioni esterne, diremmo i sintomi che l'inconscio oppone agli stimoli dell'io, ansioso di vivere la sua vera Vita. Ma l'atto di Vero Amore si verifica soltanto quando Anna sacrifica la propria vita per salvare la sorella, ormai preda dei propri sensi di colpa e della propria incapacità di amare, risvegliando in lei, l'amore. Del resto una sofferenza così prolungata esigeva un gesto d'amore davvero grande da parte di Anna. E' questo atto a fare la differenza, ristabilendo un equilibrio che sia rispettoso di tutte le varie parti della personalità (o del Sè); riconoscere l'importanza della Coscienza, (il super io impersonato dalla Regina Elsa) opponendosi alle forze che vorrebbero ucciderla (il principe Hans) e aprendosi alla possibilità di morire per salvarla, per salvare il Regno. Ecco perchè affrontare un percorso terapeutico è sempre un rischio di cui occorre assumersi le responsabilità. Amare significa sempre "mettere il bene di un altro al proprio posto", rinunciare al bene immediato (Kristoff) in nome di una salvezza totale, perchè per poter godere dell'affetto di un altro essere è necessario prima stare bene con se stessi, aver raggiunto uno stato interiore di sicurezza tale da permettere una vera condivisione. Altrimenti l'amore diventa avventura incompleta, non sarà mai all'altezza delle nostre aspettative  e dei nostri bisogni.
E così, imparando a padroneggiare le proprie istanze (pulsioni) di vita e di morte, si può arrivare infine a "giocare" con esse, creando scenari e situazioni mentali sempre nuovi (la pista di ghiaccio), unendo fantasia e razionalità, gioco e severità, caldo e freddo.

6 commenti:

  1. Mai visto il film sotto questo punto di vista.

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  2. Non sono d'accordo! Ovviamente questo è il punto di vista di uno psicologo! Questo film è come la mia vita e l'atto di vero amore è Kristoff che torna perché ama Anna: Anna lo vede tornare e capisce che è d'avvero innamorato. Da lì tutto il resto, da lì la capacità di controllare i suoi poteri! Che brutto sentire parlare di sani e di malati, veramente brutto! Anna é una sensitiva che si rinnega perché è quello che le insegnano da bambina. Le insegnano che i suoi poteri paranormali sono sbagliati, e lei si mette in testa che sino la causa della sua solitudine. Le persone percepiscono che é una sensitiva e l'attaccano, la trattano male, la allontanato, cercano anche di ucciderla. Le due parti si amano già quando Anna incontra Kristoff. Kristoff é il maestro che le insegna ad ascoltarsi di più, ma non è sufficiente.Anna intuisce che lui è innamorato, ma non la prende, ne ha timore, come tutti! Anna é troppo da sola per trovare il coraggio! Non riesce ad accettare di non essere mai amata, ed è questo che le impedisce di imparare d'avvero a controllare i suoi poteri, sono loro la causa della sua solitudine. Anna nel film dice che nessuno vuole stare da solo! Anche e addirittura Kristoff che ama il ghiaccio esita ad amarla, come può aver voglia di controllare i suoi poteri! La renna é la coscienza di Kristoff e il pupazzo di neve é la sua. Se ci badate il pupazzo di neve quando erano bambine ha il naso poi non l'ha più. Glielo rimette Anna utilizzando una carota della renna. La coscenza di Anna cresce nel viaggio grazie alla coscienza di Kristoff. Anna ama già la sua parte con i poteri paranormali, Anna si é già unita con essa. L'unione alla fine non simboleggia Anna che si ama, ma Anna che impara a controllare i suoi poteri! Ci manca una cosa, una sola cosa per farlo: vedere una persona, almeno una, che non ha paura di lei e che la ama e che le corre incontro, e che no la lascerà da sola! Le manca sapere che non sarà più sola per, e sono parole del film, vedere i suoi poteri una virtù e lasciare agli altri il ghiaccio come problema: significa che se tu hai paura dei miei poteri, prima mi facevi male, mi facevi arrabbiare, ora invece é un problema tuo! Sensitivi (quelli che possono vedere l'energia delle persone, vedere i colori intorno al loro spirito, sapere cosa pensano le persone, sognare i morti, pensare a cose che poi si avvereranno ecc...) e psicologi sono due mondi diversissimi!

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    1. Sara, grazie per la tua lettura, allora non sono l'unica a interpretare i film! Detto ciò a volte ho l'idea che scrivi di Anna ma intendi Elsa, è lei che ha i poteri mentre Anna, in un certo senso li subisce. comunque è vero, neanche a me piace parlare di sani e di malati però ho preso spunto dal film per illustrare come avviene l'analisi e che percorso abbia, non voglio certo stigmatizzare!

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